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Acido piruvico


Mar 26/04/2022 | Dott. Tania Basile

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DEFINIZIONE

L’acido piruvico è un α-chetoacido con formula molecolare C3H4O3 presente a livello biologico come piruvato è fondamentale in molti processi metabolici. Sintetizzato si presenta come un liquido di colore giallo, trasparente e dall’odore forze e pungente. È utilizzato in medicina estetica e dermatologia per il trattamento dell’acne, degli esiti cicatriziali, dei segni dell’invecchiamento nonché come peeling e tonificante cutaneo.

COS’È

L’acido piruvico è prodotto intermedio della fermentazione alcolica ottenuto per pirolisi dell’acido tartarico. La sua formula bruta è C3H4O3 ed appartiene agli α-chetoacidi con gruppo carbonilico legato al carbonio prossimo del gruppo carbossilico. Può essere ricavato anche dall’idrolisi basica, o saponificazione, del cianuro di acetile per ossidazione del propanone e del lattato di calcio. All’interno delle cellule animali è coinvolto, attraverso la forma di piruvato, nei processi di gluconeogenesi a partire dalle riserve energetiche dell’organismo.

In medicina estetica e dermatologia l’acido piruvico è un componente fondamentale degli esfolianti utilizzati nel peeling chimico oltre che un importante depigmentante. È considerato un efficace cheratolitico ovvero di contrasto a quei processi di eccessiva crescita dello strato corneo della pelle, le cheratosi. Ha un’azione complessa a livello dell’epidermide, del derma e dei follicoli pilosebacei che amplifica la platea dei disturbi che riesce a trattare.

Nel derma la sua azione di stimolazione dei fibroblasti facilita la produzione di nuovo collagene e glicosamminoglicani, fondamentali per mantenere la pressione extracellulare, adeguata idratazione ed altre importanti funzioni indispensabili per la salute dei tessuti.

STORIA

L’acido piruvico è stato isolato per la prima volta nel 1835 dal chimico svedese Jöns Jacob Berzelius attraverso un processo di piroscissione dell’acido tartarico. È stato utilizzato, e in alcuni paesi lo è ancora, come farmaco contro l’obesità, per l’integrazione nutrizionale o gli squilibri alimentari. Tuttavia, gli studi che rivelavano l’efficacia in tal senso sono stati criticati per la metodologia utilizzata nella raccolta dei dati e per ciò ritenuti non attendibili.

NOMI ALTERNATIVI

L’acido piruvico è chiamato anche:


  • Acido acetilformico

  • Acido 2-ossopropanoico

  • Acido 2-ossopropionico

  • Acido α-chetopropionico


A COSA SERVE

L’acido piruvico ha molteplici applicazioni caratterizzate da una diversa concentrazione e tempi di applicazione. Difatti, a seconda del disturbo da trattare l’acido piruvico, come altre sostanze della stessa categoria, fornisce un supporto terapeutico differente in base alla percentuale rispetto al composto e al tempo totale di esposizione dei tessuti all’azione dell’acido. Altri fattori importanti sono il fototipo e l’idratazione cutanea del soggetto che modificano l’efficacia del composto.

La composizione chimica dell’acido piruvico permette un’azione concreta nello strato corneo cutaneo con un effetto peeling superficiale capace di ridare luminosità e colore alla pelle. Le sue ridotte dimensioni, in termini chimici, gli permettono, inoltre, di penetrare fino al derma contribuendo, con le sue proprietà biostimolanti, alla formazione di nuove fibre collagene e una vasodilatazione localizzata che aumentano il metabolismo cellulare.

Queste ultime caratteristiche sono alla base dell’azione di molte creme antiage che non alternano il microbioma cutaneo ed aiutano a contenere l’iperproliferazione di agenti potenzialmente dannosi per la pelle. Importante, inoltre, la capacità terapeutica dell’acido piruvico nel trattamento dell’acne, anche in fase attiva, così come negli esiti cicatriziali che la stessa lascia sulla cute.

INDICAZIONI IN MEDICINA ESTETICA E DERMATOLOGIA

L’acido piruvico è utilizzato in medicina estetica e dermatologia per:

  • Acne

  • Esiti cicatriziali

  • Invecchiamento cutaneo

  • Lassità cutanee

  • Cute seborroica

  • Cheratosi attiniche

  • Iperpigmentazione cutanea

  • Melasma

  • Cloasma

  • Rughe

  • Photoaging

  • Ipercheratosi

  • Rosacea


PROPRIETA’

L’acido piruvico, da  solo o in combinazione con altre sostanze, ha numerose proprietà che lo rendono uno dei migliori composti per il trattamento di una vasta platea di disturbi della cute. Il pH basso permette si essere ben tollerato e scarsamente dannoso per i tessuti mentre la struttura chimica gli consente di penetrare nel derma agendo direttamente su fondamentali processi fisiologici.

L’acido piruvico ha proprietà:

  • Esfolianti

  • Cheratolitiche

  • Antiossidanti

  • Idratanti

  • Antibatteriche

  • Depigmentanti

  • Antiseborroiche


RISCHI, COMPLICAZIONI ED EFFETTI COLLATERALI

L’utilizzo dell’acido piruvico è controindicato in:

  • Gravidanza

  • Allattamento

  • Infezioni cutanee in atto

  • Predisposizione a cheloidi e cicatrici ipertrofiche


I trattamenti con acido piruvico non comportano rischi e complicazioni rilevanti per la salute dei soggetti. I più comuni effetti sono legati ad arrossamento, bruciore e desquamazione e si esauriscono nelle ore, o nei giorni, successive al trattamento. Non sono note complicanze post trattamento sebbene, in rarissimi casi, si possano verificare in soggetti con fototipo 4, 5 e 6 ovvero con carnagione olivastra o scura.

FONTI:

  • Yuwen Li et al, Biotechnological production of pyruvic acid, Applied Microbiology and Biotechnology, 57, pp 451-459, 2001

  • Cecilia Cotellessa et al, The use of pyruvic acid in the treatment of acne, Journal of the European Academy of Dermatology and Venereology, Vol 18, Issue 3, pp 275-278, 2004.

  • William W. Huang, Christine S. Ahn, Clinical Manual of Dermatology, Springer

  • Tullio Cainelli, Alberto Giannetti, Alfredo Rebora, Manuale di dermatologia medica e chirurgica, McGraw Hill 2017.

  • Carlo D’Aniello, Manuale di Medicina Estetica, Masterbooks, 2019.

  • Alberto Massirone, Trattato di Medicina Estetica, Piccin Nuova-Libraria, 2010.

  • Andrea Bovero, Dall’inestetismo al trattamento cosmetico, Tecniche Nuove, 2011.

  • Maurice R. Marshall et al, Enzymatic browning in fruits, vegetables and seafoods, FAO, 2000.


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