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Disforia di genere: cosa vuol dire?

Disforia di genere: cosa vuol dire?


Mar 13/05/2025 | Dott. Tania Basile

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L’incongruenza di genere, o disforia di genere, è una condizione caratterizzata da una discrepanza persistente tra l’identità di genere esperita da una persona e il genere assegnato alla nascita. Oggi, grazie al progresso scientifico e all’evoluzione della medicina di genere, tale condizione è riconosciuta come parte della salute sessuale.

Introduzione

Negli ultimi anni, l’incongruenza di genere ha ricevuto crescente attenzione in ambito medico, sociale e giuridico, parallelamente a un aumento significativo delle richieste di assistenza. Solo in Francia, ad esempio, si è passati da circa 10 casi all’anno nel 2010 a oltre 10 casi al mese nel 2020. Negli Stati Uniti, la prima clinica specializzata in disforia di genere è stata aperta nel 2007 a Boston, seguita da decine di altri centri.

L’evoluzione della terminologia riflette anche un cambiamento di paradigma. Mentre in passato si parlava di “disturbo dell’identità di genere” (terminologia oggi superata), le attuali classificazioni internazionali distinguono tra disforia di genere (secondo il DSM-5, focalizzata sul disagio clinico) e incongruenza di genere (secondo l’ICD-11, collocata nell’ambito della salute sessuale).

Cos'è la disforia di genere?


La disforia di genere è una condizione psicologica descritta nel DSM-5 come il disagio clinicamente significativo che una persona può provare a causa dell’incongruenza tra la propria identità di genere e il genere assegnato alla nascita. Non coincide con l’identità transgender in sé, ma con il malessere associato alla percezione di non appartenenza al proprio sesso biologico, soprattutto quando questa sensazione è persistente, marcata e interferisce con il benessere psicologico, le relazioni sociali o la qualità della vita.

È importante sottolineare che non tutte le persone transgender sperimentano disforia di genere, e che la presenza della disforia non implica una patologia mentale in sé. Si tratta piuttosto di un'esperienza clinica che può richiedere supporto specialistico, soprattutto nei casi in cui il disagio compromette il funzionamento quotidiano o genera sofferenza emotiva significativa.

Il concetto di disforia di genere consente di fornire un inquadramento diagnostico utile per accedere a percorsi terapeutici, ma la tendenza attuale della medicina e della psichiatria è quella di favorire modelli depatologizzanti, centrati sull’autodeterminazione della persona e sull’accesso a cure adeguate senza stigmatizzazione.

Manifestazioni cliniche negli adulti


Negli adulti, la disforia di genere si manifesta spesso con una maggiore consapevolezza identitaria e con un disagio più definito, rispetto a quanto osservabile nelle fasi precedenti della vita. Molte persone riferiscono di aver percepito un senso di estraneità rispetto al proprio corpo sin dall’infanzia, pur non avendo ricevuto una diagnosi formale o non avendo avuto accesso a risorse di supporto adeguate.

Il sintomo centrale è una profonda sofferenza legata alle caratteristiche sessuali primarie e secondarie, percepite come incongruenti rispetto all’identità di genere. Questa sofferenza può tradursi in un desiderio marcato di modificare il proprio corpo attraverso terapie ormonali o interventi chirurgici, ma anche in un rifiuto delle modalità in cui la società assegna e rafforza i ruoli di genere.

Tra le manifestazioni più comuni si includono:


  • Disagio corporeo persistente, specialmente verso i genitali o tratti sessuali visibili;
  • Ansia e sintomi depressivi, legati al senso di incongruenza e alle esperienze di discriminazione;
  • Isolamento sociale o difficoltà relazionali, spesso causate da stigma o rifiuto familiare;
  • Comportamenti evitanti verso situazioni che espongono il corpo (es. spogliatoi, visite mediche);
  • Ricerca attiva di ambienti inclusivi, in cui esprimere liberamente la propria identità.
Queste manifestazioni possono variare significativamente in intensità e frequenza, e non tutte le persone transgender le sperimentano nello stesso modo. Tuttavia, la presenza di tali segnali può indicare la necessità di un intervento clinico mirato, in grado di migliorare la qualità della vita e sostenere la persona in un percorso di affermazione autentico e rispettoso della sua identità.

Comorbilità psicopatologiche e stress da minoranza


Le persone con incongruenza di genere possono presentare un rischio aumentato di comorbilità psicopatologiche, spesso non come conseguenza diretta dell’identità di genere, ma come effetto delle pressioni sociali, della discriminazione e della mancanza di supporto. Il modello dello stress da minoranza fornisce una cornice teorica utile per comprendere questi fenomeni.

Secondo tale modello, vivere in una condizione di minorizzazione cronica, dove l’identità è sistematicamente messa in discussione o stigmatizzata, può contribuire allo sviluppo di ansia e depressione, Questi esiti sono più comuni nei contesti in cui mancano reti di supporto, riconoscimento sociale o accesso a cure adeguate.

Numerosi studi evidenziano che:


  • Circa il 50% delle persone transgender manifesta sintomi depressivi clinicamente rilevanti;
  • La prevalenza dell’ansia oscilla tra il 40% e il 60%;
  • La dismorfofobia corporea e i disturbi alimentari possono comparire come strategie di coping disfunzionali, specialmente in giovani adulti e adolescenti.
La transfobia interiorizzata rappresenta un ulteriore fattore di vulnerabilità, derivante dall’assimilazione dei pregiudizi esterni, e si associa frequentemente a bassa autostima, vergogna e ritiro sociale.

Contrastare lo stress da minoranza richiede un approccio integrato che promuova l’inclusione sociale, l’educazione pubblica, e la disponibilità di servizi sanitari competenti e culturalmente sensibili.

Trattamenti basati su evidenze scientifiche


L’approccio terapeutico all’incongruenza di genere si fonda su una prospettiva personalizzata e multidisciplinare, orientata al benessere complessivo della persona. Le opzioni disponibili variano in base alle esigenze individuali e includono supporto psicologico, trattamenti ormonali, interventi chirurgici e percorsi sociali di affermazione.

Le linee guida più autorevoli – come gli Standards of Care dell’organizzazione WPATH (World Professional Association for Transgender Health) e le raccomandazioni dell’ONIG (Osservatorio Nazionale sull’Identità di Genere) in Italia – sottolineano l’importanza del consenso informato e della centralità dell’autodeterminazione nel processo terapeutico.

Psicoterapia affermativa


La psicoterapia affermativa è uno strumento di supporto volto a valorizzare l’identità della persona, senza metterne in discussione la legittimità. Non è un prerequisito obbligatorio per l’accesso ai trattamenti medici, ma può risultare estremamente utile in varie fasi del percorso di affermazione.

Gli obiettivi principali includono:
  • Offrire uno spazio sicuro per l’esplorazione dell’identità di genere;
  • Gestire il disagio psicologico correlato alla disforia o allo stress da minoranza;
  • Supportare la persona durante il coming out, la transizione sociale o la comunicazione con familiari e datori di lavoro;
  • Favorire l’elaborazione di eventuali esperienze traumatiche o rifiuto sociale.
Numerosi studi dimostrano che la psicoterapia affermativa può contribuire a migliorare la qualità della vita e ridurre significativamente i sintomi ansioso-depressivi.

Terapia ormonale di affermazione di genere (HRT)


La terapia ormonale rappresenta un’opzione centrale nel percorso medico di affermazione. Il trattamento viene adattato in base alla configurazione anatomica e agli obiettivi individuali, previa valutazione medica e endocrinologica.

Per iniziare la terapia sono generalmente richiesti:
  • Una incongruenza di genere persistente e documentata;
  • La capacità di fornire consenso informato;
  • L’assenza di controindicazioni mediche gravi;
  • Una comprensione consapevole degli effetti a breve e lungo termine, inclusa la possibilità di perdita della fertilità.
Nelle persone AFAB (Assigned Female At Birth), la somministrazione di testosterone comporta effetti come l’approfondimento della voce, l’aumento della massa muscolare e la redistribuzione del grasso corporeo. Nelle persone AMAB (Assigned Male At Birth), gli estrogeni e i bloccanti degli androgeni determinano la femminilizzazione dei tratti corporei e una riduzione della libido e della massa muscolare.

Chirurgia di affermazione di genere


Gli interventi chirurgici non rappresentano un passaggio obbligato, ma costituiscono per molte persone una tappa importante del percorso di transizione. Possono riguardare diverse aree:
  • Chirurgia toracica (es. mastectomia o aumento mammario);
  • Chirurgia genitale (es. vaginoplastica, falloplastica);
  • Interventi sul volto o sulla voce, finalizzati all’armonizzazione dell’immagine corporea.
L’accesso alla chirurgia richiede in genere una valutazione multidisciplinare e la presenza di criteri specifici, tra cui una stabilità psicologica, il consenso informato e, talvolta, un periodo minimo di trattamento ormonale pregresso.

È fondamentale fornire una corretta informazione sui risultati realistici ottenibili, sui rischi chirurgici e sui tempi di recupero, per garantire aspettative adeguate e supporto post-operatorio.

Importanza delle linee guida cliniche


In Italia, l’ONIG adotta gli Standard of Care della WPATH, attualmente nella versione 8. Tali linee guida incoraggiano un approccio integrato e rispettoso della diversità delle esperienze di genere, promuovendo un’assistenza sanitaria fondata sulla ricerca scientifica, sul dialogo empatico e sulla collaborazione interdisciplinare.

Nonostante i progressi, persistono sfide legate all’accessibilità dei servizi, alla formazione degli operatori sanitari e alla necessità di superare barriere culturali ancora presenti in molti contesti. Un’applicazione coerente delle raccomandazioni internazionali rappresenta uno strumento chiave per migliorare la qualità dell’assistenza offerta alla popolazione transgender.

Conclusione


L’evoluzione della comprensione clinica dell’incongruenza di genere riflette un cambiamento profondo nel modo in cui la medicina, la psicologia e la società riconoscono e rispondono alle esperienze delle persone transgender. Il passaggio da una prospettiva patologizzante a un approccio centrato sull’autodeterminazione rappresenta un progresso rilevante in termini di diritti umani, salute pubblica e pratica clinica.

L’incongruenza di genere non è una malattia, ma una variazione legittima dell’identità umana, che può comportare disagio solo se accompagnata da mancanza di riconoscimento, esclusione sociale o barriere all’accesso ai servizi. La disforia e l’euforia di genere sono due facce della stessa realtà: l’una segnala il dolore dell’invisibilità, l’altra la gioia dell’autenticità.

Per ridurre le comorbilità psicopatologiche e migliorare la qualità della vita delle persone transgender, è fondamentale garantire percorsi assistenziali chiari, accessibili e basati sulle evidenze, che includano il supporto psicologico, l’eventuale accesso a trattamenti ormonali e chirurgici, e una rete di sostegno sociale informata e accogliente.

In definitiva, una sanità inclusiva deve saper ascoltare, comprendere e accompagnare ogni persona nel proprio percorso identitario, offrendo strumenti adeguati e rispettosi della diversità.

Fonti:
  • American Psychiatric Association. (2013). Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (5th ed.). Washington, DC.
  • World Health Organization. (2018). ICD-11 for Mortality and Morbidity Statistics. Retrieved from: https://icd.who.int
  • World Professional Association for Transgender Health (WPATH). (2022). Standards of Care for the Health of Transgender and Gender Diverse People, Version 8. Retrieved from: https://www.wpath.org/publications/soc
  • ONIG – Osservatorio Nazionale sull’Identità di Genere. Linee guida e materiali. Retrieved from: https://www.onig.it
  • Meyer, I. H. (2003). Prejudice, Social Stress, and Mental Health in Lesbian, Gay, and Bisexual Populations: Conceptual Issues and Research Evidence. Psychological Bulletin, 129(5), 674–697.
  • Turban, J. L., et al. (2020). Pubertal suppression for transgender youth and risk of suicidal ideation. Pediatrics, 145(2), e20191725.
 

FAQ


Q1. Che cos’è l’incongruenza di genere?
L’incongruenza di genere è una discrepanza persistente tra il genere esperito da una persona e il genere assegnato alla nascita. Non è una malattia mentale, ma può comportare disagio psicologico, che richiede supporto clinico quando interferisce con la qualità della vita.

Q2. In cosa si differenziano disforia ed euforia di genere?
La disforia di genere descrive il disagio vissuto a causa dell’incongruenza di genere. L’euforia di genere, al contrario, rappresenta la sensazione di benessere quando l’identità di genere viene riconosciuta e valorizzata. Entrambe sono esperienze clinicamente rilevanti.

Q3. Quali sono i principali trattamenti disponibili?
Le opzioni terapeutiche includono la psicoterapia affermativa, la terapia ormonale sostitutiva (HRT) e, se desiderato, interventi chirurgici. Il percorso varia da persona a persona e si basa sul consenso informato e sull’autodeterminazione.

Q4. L’accesso ai trattamenti richiede una diagnosi psichiatrica?
Con l’ICD-11, l’incongruenza di genere non è più classificata tra i disturbi mentali. L’accesso ai trattamenti si basa principalmente sul consenso informato, senza l’obbligo di una diagnosi psichiatrica formale, salvo in contesti specifici.

Q5. Le persone transgender sono più esposte a problemi psicologici?
Sì, ma non a causa della loro identità. I principali fattori di rischio sono lo stress da minoranza, la discriminazione, l’esclusione sociale e la mancanza di supporto. Un ambiente inclusivo può ridurre significativamente tali rischi.

 

In collaborazione con Pasquale Ambrosio

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