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I “fili” in medicina estetica: facciamo chiarezza

I “fili” in medicina estetica: facciamo chiarezza


Mer 11/03/2015 | Dott. Jacopo Pattarino

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Nell’ultimo anno si è parlato sempre più spesso dell’utilizzo dei cosiddetti “fili” nei trattamenti estetici, volti a ringiovanire o a migliorare l’aspetto del viso o del corpo. Occorre, tuttavia, fare un po’ di chiarezza in quanto troppo spesso se ne sente discutere in maniera inappropriata. Esistono vari tipi di filamenti con finalità di utilizzo e meccanismo di funzionamento assai diversi tra loro. Al fine di evitare risultati deludenti occorre dunque individuare quale sia lo strumento più indicato per ciascuna tipologia di paziente. Fondamentalmente  esistono due tipologie molto diverse di filamenti: quelli che si utilizzano per esercitare una trazione su determinati distretti anatomici e quelli che invece servono a “rivitalizzare” un tessuto.


 


Fili di sospensione


I cosiddetti fili di “sospensione” o “trazione” sono dei filamenti riassorbibili, muniti di piccoli coni o di altri sistemi di “ancoraggio”, i quali una volta posizionati su di un’area, perlopiù del volto, si agganciano al tessuto. Esercitando una lieve trazione, il medico ha la possibilità di sollevare tale area che nel corso degli anni è andata incontro ad un cedimento, ottenendo così un effetto “liftante”. Generalmente è sufficiente inserire uno o due filamenti per ciascun lato del volto o parte del corpo interessata per raggiungere il risultato richiesto. Tale procedura prevede una piccola infiltrazione locale di anestetico, il risultato dell’intervento è immediato ed il paziente può subito riprendere le sue normali attività lavorative. Durante il post-trattamento possono presentarsi dei piccoli lividi che svaniscono nel giro di pochi giorni. Il risultato permane per un arco di tempo di circa otto/nove mesi. Occorre, tuttavia, sottolineare come tale metodica non costituisca un’alternativa al “lifting” o al “mini-lifting” chirurgico, poiché il sollevamento che si ottiene è decisamente più limitato. Rimane però un ottimo strumento per i pazienti più giovani che necessitano di trattamenti meno invasivi o per coloro che si accontentano di un risultato più blando non volendo ricorrere alla chirurgia.


 


Fili di biostimolazione


Per quel che riguarda i fili rivitalizzanti o bio-stimolanti, anche detti “fili coreani”, essi non comportano una modificazione o un miglioramento di un cedimento cutaneo, ma esercitano una vera e propria azione “rigenerante” nel sottocute. Essi sono riassorbibili, essendo perlopiù composti da polydioxanone, un materiale assolutamente sicuro, usato da molti anni in chirurgia cardiaca e pediatrica. Vengono impiantati nel sottocute del paziente,  in quantità maggiore rispetto ai fili di trazione, senza alcun tipo di fastidio e senza l’uso di anestetico ( al massimo si ricorre all’applicazione di una crema anestetica ). Nella mia personale esperienza ho ottenuto ottimi risultati applicando anche 20 filamenti per lato. Vi è un immediato effetto sostenitivo, determinato dal reticolo che si forma nel sottocute. A distanza di un mese circa dall’impianto incomincia a depositarsi nuovo collagene, prodotto dalle cellule del paziente, che lentamente “rimpolpa” il viso o il distretto corporeo trattato. Sono gli stessi pazienti a riferire di sentirsi più “sodi” e “tonici” già a tre mesi dalla prima seduta ( ne consiglio due all’anno ). Certamente si tratta di uno dei più efficaci strumenti di rivitalizzazione. Come nel caso dell’impianto dei fili di trazione gli effetti indesiderati, nel post- operatorio, sono limitati a piccoli lividi nell’area trattata, che scompaio in breve tempo. 




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Pattarino Jacopo

Autore

Chirurgia plastica,Chirurgia estetica,Medicina estetica

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