Accesso
Dottori
Immagini che curano: le fotografie testimoniano cambiamento e identità

Immagini che curano: le fotografie testimoniano cambiamento e identità


Mer 29/05/2019 | Redazione Tuame

Condividi su Facebook Condividi su Twitter

Le foto “profilo” nell’era della “vetrinizzazione”: attenzione a sovraesposizione e modelli eccessivamente idealizzati.


Uno scatto è un foto-ritratto che testimonia stati e cambiamenti della nostra identità. La Fototerapia è un insieme di  tecniche basate sulle fotografie, connesse tra loro e utilizzate in psicoterapia. Questa metodologia è stata ideata e diffusa nel mondo principalmente da Judy Weiser, psicologa e arteterapeuta canadese.

Oggi nell’era del Selfie la mania dell’auto scatto sta condizionando e drogando  il rapporto tra  la nostra immagine e le percezioni che ognuno di noi ha tra il “dentro” e “fuori” ove i confini sono labili e le verità sempre più illusorie. Oggi fotografiamo tutto: piatti al ristorante, persone, luoghi, stati e momenti da ricordare. Ma il ricorso bulimico al “post” sui social  porta gli studiosi ad interrogarsi  sul mescolamento tra reali conquiste da imprimere in memoria e illusorie omologazioni. In molti si interrogano  su quale sia il confine tra l’immagine di sé la ricerca della propria identità, la fuga da una solitudine che vuole uscire da sé stessa per essere condivisa con gli altri ed un Narcisismo dilagante che impera.

L
’artista e fotografa Cristina Nuñez nell’era digitale ha fatto dell’autoritratto un must che è divenuta missione,  un modo per stimolare il processo creativo ed esplorare la propria interiorità, trasformando il dolore in Arte e Terapia. Riccardo Musacchi Psicoterapeuta, Presidente  e Docente del Corso Intensivo di Fototerapia Psicocorporea da anni studia tecniche che usano le fotografie per risvegliare le emozioni e connetterle con il Sé mnemonico  e l’immagine interiore.”Le emozioni che fanno emergere le fotografie sono comunque sempre molto vicine al nostro nucleo.

Le foto sono quello che rimane di certi attimi, sono la nostra memoria che è la nostra identità- spiega Riccardo Musacchi- le foto servono per provare a sconfiggere l’oblio, per ricordarsi chi siamo o chi siamo stati. Spesso dichiarano la verità. O la nascondono. Le reazioni delle persone alle immagini rivelano molto della loro vita interiore. Nella fototerapia per comprenderlo bisogna fare domande delicate e adeguate poiché la fotografia è anche uno strumento profondo di comunicazione con se stessi. Toccano la vita e l’anima delle persone. 

Le fotografie toccano parti del nostro mondo interiore in un modo che le parole da sole non potrebbero mai raggiungere, poiché il nostro subconscio è estremamente sensibile alle immagini, molto più che alle parole”.
 Sotto la guida esperta di uno psicoterapeuta  foto personali e  immagini proiettive vengono usate per stimolare un dialogo e una espressione libera di emozioni.  Un esercizio coerente con la potenza dell’immagine fotografica è l’osservazione della foto profilo che ogni individuo sceglie come espressione del Sé.

Osservando  la foto profilo di Whattsapp di amici e conoscenti si apre un mondo di scelte personali che riflettono e rispecchiano il rapporto con le nostre idealità e identità: si va  dalla pubblicazione del volto o di  dettagli di esso, dettagli corporei, immagini di sé dei figli, di cani, gatti o tramonti: la foto scelta  rappresenta quasi sempre  la chiave di accesso ai nostri bisogni profondi. La fotografia è uno strumento potente. “Ognuno di noi ha un bagaglio “cardiaco” di immagini da portare appresso legato alle foto-  aggiungeFabiola Fabbri Psicoterapeuta che lavora con il Genogramma Fotografico sugli Album di famiglia-  le fotografie dei ritratti famigliari come strumento di autoconoscenza, e  mezzo di crescita personale rispetto alle nostre origini, al senso di appartenenza ed  alle nostre radici . 

Grazie all’utilizzo di canali espressivi alternativi alla parola, come il Tappeto di Pollicino,  lo psicologo e psicoterapeuta Francesco Bacci, docente del corso di Fototerapia Psicocorporea,  usa un tappeto come sfondo su cui inserire oggetti, immagini e foto che possano facilitare l’emergere di tematiche, vissuti e difficoltà personali.  “Proprio poiché le immagini sono potenti facilitatori tra il Sé e gli altri- sottolinea Farnaz Farahi Educatrice e Vicepresidente del Corso di Fototerapia Psicocorporea- occorre porre grande attenzione alle distorsioni che possono generarsi quando il corpo viene percepito come frammentato e non nella sua unità e integrità. E’ pericolosa ogni operazione che ponga il corpo solo come  “vestito” o “involucro” sottoposto alla società dell’immagine e del commercio trascurando l’interiorità che contiene. 

Il corpo come “vetrina” è certamente figlio dei social, ma può condurre ad un’immagine menzognera di sé stessi? Il rischio esiste ed è reale spiega una recente  ricerca della cattedra di Sociologia  dei Media dell’Università Iulm di Milano. L’Armonizzazione  tra immagine esteriore ed immagine interiore nella nostra cultura va ricercata con un atteggiamento di reazione alla mistificazione social, che smascheri realtà costruite, difese inconsce, e che permetta anche una riflessione consapevole sulle ossessioni dei modelli iconici figli di questo tempo. Ma qualcosa sta cambiando. Stiamo arrivando forse alla saturazione dell’immagine su Instagram, in attesa di un gradito ritorno quello del tempo ellenico  “Kalos Kai Agathos” (bello e buono) in cui la perfezione era sintesi di Bellezza e Virtù.


 


Articoli correlati

Accesso contenuti completi

x