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Il Lifting viso ablativo e non ablativo

Il Lifting viso ablativo e non ablativo


Lun 08/02/2016 | Dott. Elvira Danila Pistolesi

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Fino a qualche anno addietro, l’unica opzione terapeutica concreta per contrastare la caduta verso il basso dei tessuti del viso e del collo è stato il lifting viso chirurgico: con questo intervento, non solo la pelle, ma anche lo SMAS ed i muscoli mimicivengono sollevati dai piani profondi e riposizionati più in alto e lateralmente; la cute viene stirata, e la porzione in eccesso viene rimossa. Tale trattamento, però, è invasivo, in genere si esegue in anestesia generale, richiede qualche giorno di ricovero ed una astensione dalle normali attività di almeno 2 settimane. Inoltre, comporta sempre una percentuale di rischio per la salute del paziente, e non è privo di complicanze.


I trattamenti di lifting viso ablativo (di asportazione), quali il laser CO2, il peeling chimico profondo, la dermoabrasione, nascono per migliorare la texture cutanea e gli inestetismi più superficiali (rughe, alterazioni della pigmentazione, cicatrici, smagliature, cheratosi, ecc) e non per trattare la lassità cutanea. I trattamenti ablativi hanno evidenziato anche un effetto tensore dei tessuti. Queste procedure di lifting viso ablativo, causando l’ablazione (asportazione) dell’epidermide e del derma più superficiale, nel contempo determinano anche un significativo insulto al derma capace di sviluppare una risposta riparativa con contrazione e rimodellamento del collagene che induce un effetto di ritensionamento cutaneo.


La quantità di ritensionamento nel lifting viso ablativo, però, dipende da una serie di variabili difficilmente controllabili, legate probabilmente allo spessore del tessuto, alla qualità e quantità delle fibre collagene, alla sede anatomica ed alla esperienza dell’operatore. A dispetto di questi effetti di contrazione e di tensione osservati con tali metodiche ablative, seguono un lungo e doloroso periodo di convalescenza  post-operatorio, un significativo periodo di astensione dalle normali attività, oltre che possibili sequele quali infezioni, iperpigmentazione e cicatrici.




Al fine di ridurre l’incidenza degli effetti collaterali e di migliorare i tempi di guarigione e di astensione dalle proprie attività, si è sviluppata una seconda ed alternativa tecnologia: il lifting viso  ablativo frazionale. In questo procedimento, l’emissione di energia è scansionata in modo frazionale, così che i punti di penetrazione e di asportazione della cute superficiale si alternano con aree di pelle non trattata ed integra, dalla quale cioè può ripartire la risposta riparativa in modo più veloce. Gli studi hanno, però, messo in evidenza come i trattamenti di lifting viso ablativo frazionaleattuaticon il laser creano la produzione di meno collagene rispetto al trattamento confluente ablativo, con una riduzione dell’efficacia totale, mentre non migliora il profilo di sicurezza: un eccessivo riscaldamento può, comunque, creare cicatrici, alterazione della pigmentazione ed infezioni anche nei trattamenti ablativi frazionali.


In questi ultimi anni, sono stati proposti per la lassità cutanea differenti trattamenti di lifting viso non ablativo (ovvero che avvengono senza asportazione della pelle superficiale) al fine di minimizzare l’insulto all’epidermide, gli effetti collaterali propri dei trattamenti ablativi, e di ridurre al minimo l’inattività post-procedura.



I trattamenti di lifting viso non ablativo  che utilizzano il laser oppure altre sorgenti di luce e la radiofrequenza, sono stati messi a punto per tentare di convogliare energia termica al derma reticolare ed  al sottocute con lo sforzo di indurre una contrazione ed un rimodellamento del derma minimizzando il danno termico sull’epidermide. Oltre al laser resurfacing per il ringiovanimento cutaneo che focalizza l’energia termica sulla superficie cutanea e, quindi, nasce per trattare gli inestetismi superficiali della pelle, sono stati recentemente introdotti gli ultrasuoni microfocalizzati che sono l’unico tipo di energia che può essere convogliata in profondità nei tessuti in maniera selettiva. Per contro, la Radiofrequenza non può essere microfocalizzata per raggiugere precisi punti bersaglio nei piani più profondi. Per raggiungere alte temperature nel derma, la radiofrequenza infatti necessita di un sistema di raffreddamento simultaneo per non ledere termicamente gli strati superficiali della pelle.



La radiofrequenza (R.F.), che nella maggior parte dei sistemi genera calore tramite l’applicazione con elettrodi di una corrente alternata, nella sua configurazione monopolare può determinare effetti termici più profondi sino al derma ed al grasso sottocutaneo. La corrente, però, viene depositata diffusamente, cioè il tessuto viene riscaldato volumetricamente: un grande volume di cute viene riscaldato a scapito della precisione dello stimolo termico. La mancanza di precisione e di selettività di questa tecnologia, fa sì che il trattamento sia difficilmente riproducibile, e verificabile nell’efficacia.



Inoltre, la radiofrequenza raggiunge la massima intensità di energia termica alla superficie cutanea (profondità massima  ̴ 2-3mm), poiché, man mano che penetra in profondità, l’energia viene assorbita dai tessuti diminuendo di intensità. Ad esempio, per raggiungere una temperatura maggiore di 43°C nel derma, occorre erogare una temperatura molto maggiore in superficie, così che si rende assolutamente necessario un sistema di raffreddamento simultaneo epidermico per evitare ustioni in superficie. La maggior parte degli apparecchi di radiofrequenza non sono dotati di sistema di raffreddamento e, comunque sia, non è semplice raggiungere temperature maggiori di 60°C nel derma profondo e sottocutaneo senza determinare eventi avversi all’epidermide. Di conseguenza, i tessuti profondi vengono riscaldati ad una temperatura subottimale per la neocollagenesi.


Così, questi più sicuri e meno invasivi metodi di lifting viso non ablativo, non reggono il confronto in efficacia con i trattamenti di lifting viso ablativo; i risultati spesso sono modesti, di durata inconsistente, con notevole variabilità nella risposta individuale e con la necessità di trattamenti multipli. Ad esempio, alcuni studi calcolano che i trattamenti laser frazionali non ablativi creino una quantità di collagene  3 volte inferiore rispetto ai corrispondenti trattamenti laser frazionali ablativi, i quali, a loro volta, sono molto meno efficaci degli analoghi laser ablativi non frazionali.




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